mercoledì 30 novembre 2011

La salma di Franco

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

Il nuovo governo spagnolo, che si insedierà prima di Natale, avrà un’ulteriore questione da affrontare, come se non bastassero già quelle di natura economica e finanziaria, e sarà di natura storica. Infatti sei mesi fa 12 professori universitari, docenti di diritto, storia e scienze politiche furono incaricati dal precedente governo a dare un parere sull’opportunità o meno di spostare la salma del generale Francisco Franco, il Caudillo che rimase al potere in Spagna dal 1939 al 1975. Attualmente i resti di Franco riposano nella Valle de los Caidos, il mausoleo presso Madrid che raccoglie tutti i caduti (repubblicani e franchisti) della guerra civile spagnola (1936-39). I dodici hanno sentenziato, invece, che la salma sia traslata dalla Valle e che la famiglia del Generale stabilisca un altro luogo dove conservarla. In verità tre dei dodici esperti hanno dissentito dalla decisione dei loro colleghi, dichiarando di fatto che la esumazione contribuirebbe a dividere l’opinione pubblica. Il governo Zapatero volle la commissione dei professori, secondo alcuni critici, perché l’ormai ex premier spagnolo voleva così colpire il partito popolare, in vantaggio nelle previsioni di voto, che ha tra le proprie fila gli eredi della destra franchista. Il Partito Popolare guidato da Mariano Rajoy, che ha vinto le elezioni e che sarà il prossimo premier, invece, ha fatto capire che difficilmente rispetterà la decisione dei 12.
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I prodotti “halal”

(fonte: articolo di Carlo Panella su Espansione), a cura di Roberto Di Ferdinando

Con la parola araba halal si indicano i prodotti del settore alimentare, cosmetico e farmaceutico che possono essere acquistati dai musulmani in quanto per la loro produzione è garantito il rispetto dei dettami del Corano. I prodotti “halal” riguardano un mercato mondiale dal valore di 500 miliardi di euro annuali (54 in Europa e 5 in Italia). Il fenomeno commerciale è talmente importante che recentemente in Italia è nata un’organizzazione di professionisti (Halal Italia) che, in collaborazione con la Comunità Religiosa Islamica Italiana (Co.re.is.), verifica questa conformità e rilascia una certificazione che vale tre anni. Quindi tutti i prodotti per essere certificati halal non devono contenere carne di maiale; non solo, gli animali devono essere macellati secondo un particolare procedimento: sgozzati con una lama affilatissima che è usata esclusivamente per il rituale della macellazione, il gesto deve essere unico e continuo, senza interruzioni, colui che lo compie deve essere musulmano ed al momento di questo atto deve pronunciare in arabo il basmalah, cioè le seguenti parole: “in nome di Dio, Clemente, Misericordioso”, e rivolgere il capo dell’animale verso la Mecca.
Inoltre tutti i prodotti per avere tale certificazione non devono contenere alcool o derivati o composti chimici dell’alcool, ne grassi derivati da carne impura. Ovviamente i prodotti, prima di essere halal, devono essere conformi alle normative europee e italiane in tema di igiene e sicurezza alimentare.
L’Iniziativa Halal Italia ha ottenuto il sostegno da parte dei ministeri della Salute, degli esteri, dello Sviluppo economico e dell’Agricoltura, e i ministri di questi dicasteri nel 2010, presenziarono alla presentazione ufficiale di Halal Italia che si svolse nelle sale della Farnesina.
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martedì 29 novembre 2011

RI suggerisce "Gandhi, il risveglio degli umiliati". Autore Jacques Attali, Editore Fazi 2011. Commento di Francesco Della Lunga

Per quale ragione dovremmo tornare a leggere Gandhi e la sua azione politica e spirituale? Forse perché anche nell’era contemporanea potremmo avere bisogno di un Gandhi, o anche una piccola parte di quello che questo piccolo ma grandissimo uomo seppe fare. Ma forse anche perché il percorso del più famoso padre dell’indipendenza indiana fu commovente ed allo stesso tempo spettacolare. Per chi abbia interesse a conoscere le linee portanti del suo pensiero o rileggerlo in chiave più critica si possono suggerire due letture di base con due volumi di facile reperibilità sugli scaffali delle principali librerie. Il primo, un volumetto dell’Einaudi, dal titolo “Antiche come le montagne”, racchiude le principali massime e citazioni del suo pensiero. Il secondo invece, dal titolo “Gandhi, Il risveglio degli umiliati” ci permette di ripercorrere la vita, la lotta politica e spirituale di una delle personalità più illustri di tutto il Novecento ovvero del Mahatma Gandhi, colui i cui “pensieri, parole, azioni sono in totale armonia”.
Un invito a leggere ed a scoprire o riscoprire questa grandissima personalità la cui vita irripetibile si intreccia fra la sua personale ricerca della spiritualità vista come un percorso che ogni indiano (ma anche ogni essere umano) avrebbe dovuto fare, la ricerca della Verità come unico metodo per arrivare vicini a Dio, l’affermazione della consapevolezza come mezzo per gli umili per affermarsi in un mondo in cui la disparità sociale era stratificata. La Verità e le forme assolutamente originali con le quali Gandhi l’avrebbe espressa sarebbe stata poi la base ed il mezzo per il perseguimento di un grande obiettivo politico, l’Indipendenza, che l’India stava maturando e che avrebbe concretizzato proprio grazie all’azione politica di Gandhi. Preparazione spirituale prima, presa di coscienza dell’importanza della nazione indiana nella Storia e della sua ineluttabilità verso l’indipendenza, azione politica conseguente. Gli strumenti principali di questa azione, già sperimentata con un certo successo in Sudafrica, sarebbe sfociata nell’azione “non violenta” (o ahimsa) spinta fino alle estreme conseguenze, fino al ribaltamento della dicotomia non violenza/violenza ed al suo ribaltamento e quindi con l’affermazione della forza della non violenza rispetto alla violenza pura. La “non violenza”, a seconda della finalità, avrebbe potuto sprigionarsi con la ribellione alle decisioni dell’autorità inglese, i digiuni di massa, la non collaborazione, il boicottaggio delle merci occidentali. Sulle merci quali espressione del mondo occidentale Gandhi nutrì sempre una forma di rifiuto e diffidenza perché da un lato le riteneva lontane dalla cultura della popolazione indiana, dall’altro perché ritenute strumenti di un mondo che avrebbe condannato la nazione alla dipendenza dallo straniero.
Gandhi percepisce forse per primo fra i leader di fine Ottocento l’importanza della comunicazione politica, da qui la fondazione di giornali attraverso i quali far conoscere il proprio pensiero (ad esempio la testata denominata Harijan, figli di Dio, termine con il quale Gandhi chiamava i Dalit) , la potenza simbolica di concetti chiave come “ahimsa” o “nonviolenza”, oppure la resistenza passiva, lo sciopero della fame o satyagraha, il boicottaggio, ma anche un’azione sociale e politica che fece di lui una delle persone più affascinanti e di grande ascendente presso i circa 400 milioni di indiani del tempo.
Eppure, nonostante la Non Violenza e Verità, resistenza passiva e boicottaggio, digiuni e non collaborazione Gandhi non sarebbe riuscito a sconfiggere direttamente con la sua azione l’impero Britannico. Le cause dell’abbandono dell’India, come anche per le altre colonie inglesi sparse per il mondo, sarebbero state da attribuire in larga parte dallo sforzo condotto durante il secondo conflitto mondiale dal quale la Gran Bretagna, pur vittoriosa nella guerra, avrebbe dovuto abbandonare il suo ruolo di potenza mondiale nonostante l’ostinazione di Churchill che espresse il suo scetticismo verso la concessione di forme di indipendenza anche tenui e di cui si ricorda una celebre battuta con la quale sostenne di “non essere diventato Primo Ministro per mettere in liquidazione l’Impero Britannico”. Gandhi visse spesso questi insuccessi anche con frustrazione, comprendendo che gli indiani non erano, nonostante tutto, ancora pronti ad abbracciare la Non Violenza e la Verità. La Violenza, che Gandhi avrebbe combattuto fino alla fine e per colpa della quale sarebbe caduto, non sarebbe stata estirpata dalla sua azione politica. Ma anche il suo messaggio non sarebbe stato compreso a pieno dagli indiani. La sua lotta in favore degli intoccabili o a favore degli ultimi della terra, il suo desiderio di riunire, in continuità con il lascito dell’Impero Britannico Hindu e Musulmani, non sarebbe stato compreso. Gandhi morì nel 1948 dopo che la violenza religiosa ed interetnica aveva preso il sopravvento, già durante l’epilogo della Seconda Guerra Mondiale ed esplosa dopo l’abbandono dell’India da parte della Corona Britannica. Sarebbe morto per mano di un Musulmano (Nathuram Godse), comunità verso la quale Gandhi avrebbe espresso sempre il suo più totale ed incondizionato sostegno.
L’autore, dopo aver ripercorso efficacemente i punti principali della vicenda politica e spirituale del Mahatma, prova a tracciare un bilancio alla luce anche dello sviluppo che l’India ha avuto in questi anni. Intanto fa un sunto del suo pensiero affermando che “senza dubbio, l’aspetto più affascinante ed importante di Gandhi” riguardava il fatto che “per cambiare il mondo, bisogna cambiare se stessi ed avere come più alta ambizione, modesta ed orgogliosa al tempo stesso, quella di dominare la propria violenza, i propri desideri, la propria sessualità, i propri sentimenti, per liberarsi di qualsiasi traccia di bestialità; poi con l’aiuto delle pratiche ascetiche e di meditazione, ottenere un potere su di se rinunciando al potere sulle cose; infine, e solamente infine, mettere questo potere al servizio di un ideale di un’estrema esigenza, facendone dono agli altri”. “Gandhi sapeva, per esperienza, che ogni uomo, lui compreso, poteva diventare un bruto, un mostro, un assassino. Che ciascuno aveva ed ha dentro di sé allo stesso tempo una bestialità smisurata ed una formidabile capacità di amore. Dunque si riconosceva il diritto di predicare solo ciò che lui stesso riusciva a mettere in pratica. Mentre tutti gli altri leader rivoluzionari si accontentavano di elaborare dei piani per cambiare il mondo dalla propria scrivania, lui non voleva imporre un “uomo nuovo”, ma voleva diventarlo lui stesso e convincere poi con il suo sacrificio. Preferiva dare l’esempio piuttosto che lezioni”.
Al di là degli strumenti da lui inventati ed utilizzati per la sua battaglia politica (in larga parte assai attuali anche nella nostra epoca, soprattutto il boicottaggio, strumento utilizzato con frequenza, fra gli altri, dai movimenti antiglobalizzatori mentre altri funamboli della politica, come l’italiano Pannella, attuano spesso digiuni per protestare contro leggi ritenute inique), al di là del raggiungimento dell’Indipendenza indiana, al di là anche dei fallimenti che avrebbe patito, rimane un messaggio di speranza del quale, anche gli scettici, sentono il bisogno.

domenica 27 novembre 2011

L’esame che paralizza la Corea del Sud

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

Il 10 novembre scorso la Corea del Sud si è completamente bloccata per non disturbare i 690 mila candidati all’esame CSAT (College Scholastic Ability Test), cioè l’esame che ogni anno seleziona i giovani più preparati per accedere alle migliori università nazionali. Il blocco è stato totale, in quanto in Corea del Sud tale test è una cosa seria. Infatti, l’accesso alle migliori università per i coreani rappresenta forse l’unica via per arrivare ai migliori (più pagati e più prestigiosi) impieghi professionali. Quindi nelle settimane che precedono il test-day i ritmi della quotidianità di molti coreani sono dettati dall’esigenza di arrivare a quel giorno, non solo preparati sulle materie, ma anche in salute, lucidi e con una buona dose di fortuna dalla propria parte. Ecco quindi che il paese si adatta a queste esigenze. I candidati al test cambiano la loro dieta, in particolare si eliminano cibi che potrebbero richiamare eventi sfortunati, ad esempio la banana (la buccia di banana è legata all’immagine dello scivolone), niente porridge (è un “pasticcio” di riso, quindi non bisogna richiamare in alcun modo la possibilità di sbagliare), vietate alghe e snack, anch’essi legati al significato di scivolare, cadere. La perfetta preparazione all’esame coinvolge anche la religione ed i momenti spirituali. I templi buddhisti organizzano riti specifici per i candidati e le loro famiglie che vivono questi giorni con grandi aspettative, speranze, ma anche timori, mentre nelle chiese di svolgono preghiere e si celebrano funzioni al caso. Nei giorni precedenti al test è consigliato, quale buoni auspici, regalare carta igienica (ha il significato di risolvere) e forchette (cogliere l’occasione, arpionare le risposte giuste). E dato che i candidati in questi giorni sono quasi “sacri”, ecco i consigli dati agli esaminatori del test ed alla cittadinanza perché non li disturbino. I docenti che dovranno presiedere alla prova d’esame sono invitati a non tossire, a non utilizzare profumi invadenti ed a non masticare gomme. Per evitare che i gli esaminandi siano distratti da particolari rumori in quel giorno gli orari degli aerei sono stravolti, mentre le borse affari, molti uffici ed attività aprono un’ora più tardi per permettere ai candidati di arrivare alla sede del test senza incontrare particolare traffico, nonostante sia concesso loro, in particolari casi, anche la scorta della polizia.
Esami simili ed a cui è data la stessa importanza (in Corea del Sud è aumentato il numero di suicidi tra i giovani che non riescono a superare il CSAT), si svolgono anche in Cina (gaokao) ed in Corea del Nord.
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Il Ministero degli Affari Esteri italiano vende

(fonte: Il Mondo), a cura di Roberto Di Ferdinando

Nel momento in cui l’Italia è al centro di una crisi economica e finanziaria a tutti è chiesto un sacrificio ed anche lo Stato sta valutando e muovendosi per snellire (risparmiare) la propria macchina. Ai vari ministeri è stato chiesto di ridurre le spese e mettere sul mercato beni immobili inutilizzabili od esosi per il loro mantenimento. Anche al Ministero degli Affari Esteri italiano, l’“elegante” rappresentante dell’Italia all’estero, è stato chiesto di dismettere più o meno prestigiose sedi o dimore oggi inutilizzabili. Ecco quindi che il ministero si è subito messo in azione. I giuristi della Farnesina hanno espresso un parere all’ex governo Berlusconi, ribadito a quello Monti, sulla possibilità di permettere l’alienazione dei beni immobili posseduti dal dicastero all’estero, più problematica, invece, la vendita per quei beni provenienti da lasciti ereditari. Secondo la rivista il Mondo, un gruppo di giovani ambasciatori sta compilando l’elenco dei vari immobili da porre sul mercato, cercando di risolvere, dove si presentano, problemi e vincoli per la loro vendita. La lista comprenderebbe circa 60 immobili ed alcuni terreni, gli immobili riguardano appartamenti o sedi di consolati ormai chiusi, in particolare in Svizzera, Francia e Germania. Tra le proprietà sul mercato l’ex consolato italiano a Bellinzona, Svizzera (1.700 mq valutato 2,25 milioni di euro, ma che necessita di un intervento importante di ristrutturazione), oppure il consolato, anch’esso chiuso da anni, di Antananarivo, in Madagascar. La vendita di questi beni, attraverso aste o contrattazioni private, permetterebbe alla Farnesina di incassare tra i 30 e i 50 milioni di euro. Ma la cifra potrebbe aumentare, infatti, si è pensato anche di vendere prestigiose sedi consolari o dei nostri istituti di cultura all’estero, per trasferirli in sedi più economiche. Tale discorso è più difficile per le sedi dell’ambasciate in quanto forti sono le resistenze della diplomazia di dismettere queste residenze e sedi, inoltre esistono per molte sedi di ambasciate degli accordi gratuiti di comodato d’uso o di scambio con il paese ospitanti. Ad esempio, l’ambasciata italiana a Parigi, in rue Varenne, è di nostra disponibilità secondo uno scambio, infatti a Roma, all’ambasciata francese è stato concesso, gratuitamente, palazzo Farnese (ex ambasciata a Roma del Regno delle Due Sicilie e confiscato dal Regno d’Italia nel 1860).
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martedì 22 novembre 2011

Israele continua la sua guerra non dichiarata

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

Circa 15 giorni fa nella base militare di Bigdaneh, in Iran, è avvenuto un incidente che ha provocato la morte di 17 persone, tra cui il generale Hassan Moghaddam, il responsabile dei programmi missilistici iraniani. Secondo alcune fonti di intelligence, non si tratterebbe di un incidente, ma di un vero e proprio sabotaggio, messo in atto dai servizi segreti israeliani. E’ noto che se l’Iran dovesse riuscire a dotarsi di un arsenale nucleare il paese più esposto ad un aggressione missilistica iraniana sarebbe Israele, il quale non credendo molto sul fatto che le istituzioni internazionali condannino e sanzionino l’Iran per il suo progetto nucleare non pacifico, ha deciso di continuare nella sua strategia di guerra non dichiarata a Teheran. Infatti non è la prima volta che accadono misteriose esplosioni nelle basi missilistiche iraniane o che militari o tecnici che operano al progetto nucleare degli ayatollah muoiano in circostante ed attentati misteriosi. Non solo, due virus informatici (Stuxnet e Duqu) avrebbero infettato gli impianti nucleari iraniani rallentandone i lavori. Tutti questi attacchi sarebbero opera del Mossad, appoggiato dai servizi segreti Usa e britannici. Nessuna conferma, ma la portata e le modalità operative degli attentati farebbero pensare ad Israele. E questa serie di incidenti sta mettendo in confusione le gerarchie iraniane, mai certe dinanzi ad un incidente se sia un sabotaggio od un fatto casuale. Non a caso le autorità iraniane stanno indagando sulle cause della morte a Dubai di Ahmad Rezai, figlio di Mohsen, ex capo dei Pasdaran. La morte di Ahmad sarebbe avvenuta per motivi naturali, ma essendo Dubai un centro di traffici e di spionaggio non è da escludere un’”eliminazione mirata”.
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domenica 13 novembre 2011

Per favore, fermatelo!

A cura di Roberto Di Ferdinando

Il presidente francese Sarkozy si è offerto al Presidente della Repubblica, Napolitano, di venire in questi giorni a Roma, accompagnato dalla cancelliera Merkel, per sbloccare la questione politica e le ultime resistenze del PDL sull’incarico a Monti e coordinare con il nuovo premier italiano l’agenda economica e finanziaria del nostro paese. Basta, sinceramente basta. Non ne posso più di Sarkozy ed in particolare della sua spocchia che poi non ha nessun fondamento. Dopo aver offeso pubblicamente il Presidente del Consiglio italiano, prima dandogli di uomo senza testa (intervista rilasciata al filosofo Levy e pubblicata la settimana scorsa del Corriere della Sera), e poi sbeffeggiandolo, con sorrisi ed ammiccamenti, all’ormai famosa conferenza stampa di Cannes del G20, adesso offende l’Italia, dicendoci che ci spiegherà lui come e da chi dovremmo essere governati e quali provvedimenti prendere. Ma come mai tutto quest’attivismo e risentimento verso l’Italia? La situazione economica del nostro paese ovviamente sta mettendo in crisi l’UE e la zona Euro, e se dovessimo dichiarare default (al momento molto difficile), la prossima economia ad essere sotto attacco ed in grossa difficoltà sarebbe quella francese. Infatti Parigi e Berlino stanno mandando lettere e cartoline a vari paesi comunitari, oggi a Grecia ed all’Italia, e prima ancora all’Irlanda, al Portogallo ed alla Spagna. Ma come mai nessun intervento (lettera, invito, sms, mail) a Parigi? Il deficit francese si aggira infatti intorno al 7% (non dovrebbe superare il 3%) ed il debito pubblico tocca l’87% del Pil (non dovrebbe superare il 60%). Certa nostra stampa raramente ricorda questi dati, più inclini ad esaltare le iniziative comunitarie di Sarkozy che però è mosso solo ed ovviamente, dall’interesse francese. Le banche francesi infatti sono in difficoltà perché si erano esposte precedentemente con il caso dei fondi subprime e principalmente con la Grecia. Se la crisi non si fermasse i mercati finanziari punirebbero, per i parametri non rispettati, la Francia, non a caso da alcune settimane le agenzie di rating stanno valutando di confermare oppure no la triplice A ai titoli di stato francesi. Un declassamento francese nel 2012, anno delle elezioni presidenziali francesi,sarebbe per Sarkozy un’umiliazione troppo grande e pregiudicherebbe di fatto la sua rielezione. Non è infine da escludere che le mosse supponenti contro l’Italia del nuovo Napoleone, che mirano a formare un governo tecnico e non politico, siano anche dovute ad un piano di assalto della finanza francese ai gioielli di famiglia dell’Italia (Eni, Enel e Finmeccanica), come già avvenne nel 1992 durante l’ultima crisi italiana.
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sabato 12 novembre 2011

UNA NUOVA COSCIENZA PER UN NUOVO PIANETA

"Abbiamo raggiunto un punto di cruciale importanza nella nostra storia.
Siamo all'inizio di un nuovo periodo di evoluzione sociale, spirituale e culturale.
Stiamo evolvendo verso un sistema interconnesso, basato sull'informazione,
che abbraccia l'intero pianeta.
La sfida che ora dobbiamo affrontare è quella di scegliere il nostro futuro e creare una società globale pacifica e cooperante, continuando così la grande avventura dello spirito e
della consapevolezza sulla Terra".

estratto dal “Manifesto della Coscienza Planetaria”
firmato da Premi Nobel della Pace e personalità internazionali.

http://www.censimentoglobale.it/


I CREATIVI CULTURALI E LA NASCITA
DELLA NUOVA CULTURA GLOBALE
Il sociologo Paul Ray ha definito i “Creativi Culturali” come le persone sensibili al degrado della Terra e al dolore umano, che si interessano all’ecologia, alla pace, al volontariato, ai diritti umani, alla salute naturale, alla spiritualità, al commercio etico. I Creativi Culturali siamo tutti NOI che in ogni parte del mondo desideriamo un mondo migliore e cerchiamo di realizzarlo con amore nella vita quotidiana e nella società. Noi e le nostre associazioni stiamo creando una nuova Cultura Globale. Secondo le ricerche sociologiche internazionali (Usa, Italia, Giappone, Francia, Ungheria, ecc.) oggi siamo il 37-40% della popolazione e siamo in costante crescita. Siamo un numero enorme di persone responsabili e creative che potrebbero cambiare la società e le scelte globali ma NON abbiamo potere perché siamo frammentati in miriadi di movimenti e associazioni.
NON siamo consapevoli di essere parti del più grande
Movimento Culturale Planetario mai esistito.
IL PROGETTO GLOBALE 2012 - 2018
LA MASSA CRITICA E LA RETE PLANETARIA
LA CRISI GLOBALE SI PUO’ RISOLVERE SOLO CON UN SALTO DI CONSAPEVOLEZZA
Per cambiare la situazione occorre una “Massa Critica” dell’1% di persone e associazioni
che si riuniscano consapevolmente!
Per creare insieme un futuro vivibile, prima che il degrado ecosistemico e sociale diventi irreversibile,
occorre raggiungere entro la fine del 2012 una Massa Critica di 60 milioni di persone nel mondo (450 mila in Italia), che darà vita alla Rete Globale delle associazioni che operano per un mondo pacifico e sostenibile
riunendo così gli oltre 2 miliardi di Creativi Culturali oggi sparsi in ogni angolo della Terra
Uniti possiamo realizzare la nostra visione di una società globale pacifica e cooperante.
SE ANCHE TU VUOI UN PIANETA
PIU’ UMANO PACIFICO E SOSTENIBILE
ISCRIVITI ORA AL CENSIMENTO GLOBALE: http://www.censimentoglobale.it/

Club di Budapest

Fondato nel 1993, il Club di Budapest è un'associazione internazionale dedicata a sviluppare un nuovo modo di pensare e nuove etiche che aiuteranno ad affrontare i cambiamenti sociali, politici ed economici del XXI secolo.

Con il suo elenco di rinomati membri internazionali e giovani persone creative e attraverso i suoi Club Nazionali con i loro ampi spettri di progetti e attività, il Club avvia un dialogo tra generazioni e culture, tra scienza e arte, tra teoria e pratica, ciò aiuta lo sviluppo effettivo di strategie per azioni eticamente responsabili con un intento globale.

La filosofia del Club di Budapest è basata sulla realizzazione che le enormi sfide che l’umanità sta attualmente affrontando possono essere sconfitte solamente attraversio lo sviluppo di una coscienza culturale globale.

Il punto di vista del Club di Budapest è focalizzato su una coscienza culturale con una prospettiva globale.

Come Greenpeace combatte per le questioni ecologiche, l’UNICEF per i bambini e Amnesty International per i diritti umani, il Club di Budapest si batte per i valori culturali e per il valore della/e cultura/e.


Il Club interpreta se stesso come un costruttore di ponti tra scienza e arte, etica ed econ omia, tra cognizione e realizzazione, tra vecchio e giovane, così come tra le differenti culture del mondo. Uno dei primi obiettivi del lavoro dei club è lo sviluppo di una "Nuova Etica".

Lo sviluppo di un nuovo modo di pensare richiede grande creatività. Questo è sempre stato di dominio di artisti, scienziati, pensatori non convenzionali e insegnanti spiritualin e più recentemente da imprenditori. Con la loro ispirazione, potere creativo, visioni e rilevanza universale, essi hanno, in ogni generazione, procurano gli impulsi che aiutano a dar forma a valori culturali. Come membri creativi così come membri onorari, essi giocano un ruolo decisivo nello sviluppo del Club. I valori del Club di Budapest sono da sentirsi obbligatoriamente non come un dogma costituito. Essi sono derivati da una totale attitudine al dialogo.

Per ulteriori informazioni: http://www.club-of-budapest.it/main.htm

Bin Laden ucciso in 90 secondi

(fonte: Il Giornale), a cura di Roberto Di Ferdinando

Le autorità statunitensi non hanno mai rivelato i particolari dell’operazione di Abbottabad del maggio scorso quando i reparti speciali USA uccisero il ricercato numero uno: Osama Bin Laden. Secondo le poche notizie diffuse dal Pentagono e dall’amministrazione Obama, Bin Laden fu ucciso dopo un prolungato conflitto a fuoco, durante il quale Osama si era difeso con le armi. Invece i fatti sembrerebbero essere andati diversamente ed a renderli noti è un libro che è prossimo ad uscire e dal titolo “Seals, Target Geronimo” (i Seals sono i reparti speciali della marina statunitense e Geronimo era il nome in codice che i servizi segreti USA avevano dato ad Osama – i nativi americani non devono essere stati contenti di aver visto chiamare un terrorista con il nome di un fiero guerriero indiano). Autore del libro è Chuck Pfarrer, ex comandante per l’appunto proprio dei Seals, che ha intervistato personalmente i protagonisti dell’operazione, che comunque nel libro rimangono, opportunamente, anonimi. Il Comando delle Forze Speciali statunitensi ha però dichiarato che il libro non è stato autorizzato e che Pfarrer non avrebbe mai incontrato i marines. Eppure il libro, secondo le anticipazioni uscite nei giornali, risulta contenere particolari dettagliati sull’operazione e quindi da ritenere attendibile. Pfarrer racconta che il reparto dei Seals si calò dall’elicottero con le corde direttamente al terzo piano della palazzina di Abbottabad ed iniziò a controllare il corridoio e le stanze, quando ad un certo punto si aprì una porta. Osama si affacciò nel corridoio per chiudere subito violentemente la porta. Due Seals fecero irruzione nella stanza e videro Amal Al sadah, la moglie 27enne yemenita di Osama che copriva con il proprio corpo il marito. Il primo incursore fece fuoco con il mitragliatore M4, con silenziatore, e colpiscì la caviglia della donna, che cadde a terra, Bin Laden, scoperto, quindi si buttò di lato e tentò di prendere il suo fedele kalashnikov, ma prima fu colpito al petto e poi un secondo proiettile lo trafisse sotto l’occhio uccidendolo sul colpo. L’operazione si concluse in 90 secondi (secondo la versione ufficiale i Seals entrarono nella villetta dal piano terra ed avanzarono e salirono al terzo piano facendosi strada con un continuo conflitto a fuoco). Il libro descrive poi in maniera molto umana i componenti di questi reparti super addestrati composti da proprie macchine da guerra. Scott Kerr (nome inventato da Pfaffer) è il comandante del gruppo dei sei Seals, e nel libro è descritto il momento in cui Kerr sente il suo cuore battere in maniera molto accelerata mentre sta per comunicare a Washington che Geronimo è stato abbattuto. Od ancora, Frankl Leslie (altro nome inventato dall’autore), sopravvissuto alla caduta dell’altro elicottero invisibile che era precipitato nell’avvicinamento alla villetta, che sente l’emozione mentre effettua l’analisi del DNA per confermare l’identità del cadavere. Secondo il comando USA la storia sarebbe inventata, ma Pferrer sembra aver dimostrato il contrario, infatti a dimostrare di aver intervistato effettivamente i componenti del gruppo e di aver avuto da loro la narrazione veritiera dei fatti, ha raccontato alla CNN l’incontro tra un capo della Cia, Mc Raven, e Scott Kerr, in cui Mc Raven spiegava al militare che il satellite posizionato sopra la villetta di Osama aveva confermato la presenza in quella casa del terrorista, grazie alla misurazione dell’ombra; un dettaglio che non era mai emerso nella versione ufficiale.
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Sarkozy ed Obama: “Netanyahu? Un bugiardo”

(fonte: Il Giornale)

“Non lo posso più vedere, è un bugiardo”. “Tu non ne puoi più di lui? E io allora che ci devo parlare tutti i giorni?”. È lo scambio di battute tra il presidente francese, Sarkozy (che nonostante la sua bassa statura, guarda tutti dall’alto verso il basso e in maniera spocchiosa giudica gli altri) e quello USA, Obama, invece il bugiardo di cui parlano è il premier israeliano, Netanyahu. Questa conversazione è stata colta dai giornalisti durante l’ultimo vertice del G-20, a Cannes, un fuori onda di cui non esiste una registrazione, ma le centinaia di giornalisti lì presenti giurano che le parole dette sono state queste. Il 3 novembre scorso, infatti, l’organizzazione consegna ai giornalisti le cuffie per la conferenza stampa dei due presidenti che non si accorgono, mentre si preparano, che uno dei due microfoni è acceso, ed ecco quindi lo scambio che è ascoltato dai presenti. Ma i giornalisti curiosamente non diffondono la notizia un po’ clamorosa, devono infatti trascorrere 5 giorni, prima che il sito “Arret sur images”, specializzato nell’analisi dei filmati diffonda l’interpretazione del labiale dei due leader. Giornalisti troppo zelanti verso i due potenti presidenti (sono troppo bravi per sbagliare!!!), tanto da autocensurarsi?
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Togliete il Nobel all’Aiea

(fonte: Corriere della Sera e Il Giornale)

In settimana l’AIEA (Agenzia internazionale dell’energia atomica), presieduta da Yukiya Amano, ha certificato che l’Iran dal 2003 sta lavorando alla bomba atomica. Ed a confermare, da almeno due anni, questa notizia sono i servizi segreti di almeno 10 paesi. Eppure fino a due anni fa, curiosamente, ma non tanto curiosamente, cioè fino a quando a capo dell’AIEA c’era stato l’egiziano Mohamed El Baradei, i rapporti dell’agenzia indicavano che lo sviluppo nucleare iraniano era solo pacifico. Non solo El Baradei, in quanto presidente AIEA fu insignito con la sua agenzia del premio Nobel del 2005 (una clamorosa topica). Al di là del premio buttato via (dovremmo interrogarci anche sull’effettiva importanza ed autorevolezza di questi premi) la preoccupazione oggi si sposta sull’Egitto. Infatti El Baradei è candidato alla guida del paese, che tra 15 giorni andrà al voto per le presidenziali. El Baradei ha annunciato in campagna elettorale di aprire ai Fratelli Musulmani e di rivedere il rapporto con Israele, forse auspica di tesserlo con i suoi amici iraniani, anche se sciiti? Che gioco faceva all’Aiea e fa oggi El Baradei?
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lunedì 7 novembre 2011

Tensioni tra Israele e Turchia per colpa del gas

(fonte: Espansione), a cura di Roberto Di Ferdinando

Ormai sono due paesi ex amici ed alleati Israele e Turchia. Recenti vicissitudini hanno portato alla rottura del loro strategico rapporto di “vicinanza”. Quindi nessun scalpore se oggi litigano, con forti tensioni, anche per il gas. Per il gas del Mar Egeo. Infatti a grande profondità marine esistono i più ricchi giacimenti di gas metano scoperti negli ultimi 10 anni. Le trivelle israeliane hanno iniziato a lavorare a circa 130 km dalle coste di Israele e quasi alla stessa distanza dalle coste di Cipro, che ha autorità sui giacimenti. Gerusalemme ha ottenuto il loro sfruttamento grazie ad un accordo stipulato con la repubblica greca-cipriota, storica “avversaria” della Turchia (Erdogan ha chiesto che i proventi siano condivisi anche con la parte turco-cipriota). Lo sfruttamento israeliano sarà completo nei prossimi anni e garantirà a Israele un’autosufficienza energetica (fondamentale visto l’accerchiamento ostile in cui deve vivere), non solo, potrà perfino esportare gas.
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Scenari di guerra in Medio Oriente

(fonte: Il Giornale), a cura di Roberto Di Ferdinando

Non si fa che parlarne, infatti sembra prossimo l’attacco israeliano all’Iran. Motivo del conflitto, tra i tanti secondo Gerusalemme, l’ormai certa disponibilità di Teheran di un armamento nucleare. Secondo gli analisti e gli strateghi militari Israele sarebbe in grado di portare un attacco aereo all’Iran per almeno 24 ore, un attacco che però non impedirebbe una risposta dura dell’Iran. Gli ayatollah potrebbero utilizzare vettori armati con testate convenzionali, chimiche, batteriologiche ed anche nucleari, per colpire Israele e le regioni meridionali dell’Europa (qualora l’attacco israeliano fosse appoggiato da paesi occidentali). Ma dinanzi all’utilizzo di armi di distruzioni di massa, Israele non avrebbe remore ad impiegare i missili balistici Jericho (gittata di 4 mila km) e le testate nucleari miniaturizzate che possono essere lanciate dai sottomarini che sono operativi nel Golfo dell’Oman. A questo punto, se in difficoltà, Teheran a sua volta amplierebbe il suo raggio d’attacco, colpendo obiettivi statunitensi e Nato in Irak ed Afghanistan (primo obiettivo colpire la base aerea Shindad) e qui inoltre verrebbero attivate le cellule dei locali miliziani che da anni sono finanziati ed armati dall’Iran. Un attacco all’Iran inoltre mettere in agitazione le piazze arabe, in particolare in quei paesi dove la “primavera” non ha avuto voce. Minacciata quindi l’apparente stabilità dell’Arabia Saudita e della penisola arabica. Ad aumentare le tensioni i continui proclami iraniani con cui si rivendica lo stato del Bahrain, sede del comando della Quinta flotta Usa, quale provincia iraniana. Non solo, Teheran controlla lo stretto di Hormuz e quindi le vie di trasporto del petrolio. Per ritorsione l’Iran potrebbe chiudere lo stretto e quindi bloccare circa il 50% delle forniture mondiali del greggio. Ed ancora, l’Iran ha una rete di pasdaran presente in vari paesi stranieri pronta ad attivarsi per colpire con attentati ambasciate e centri ebraici. Infine, come anticipato nel precedente post, l’Iran potrebbe colpire Israele attraverso gli Hezbollah in Libano; i missili forniti loro dalla Siria permetterebbero nei primi giorni del conflitto di lanciare almeno 1.000 missili (oltre a quelli forniti ad Hamas a Gaza) sul territorio israeliano. Una Terza Guerra Mondiale?
RDF

sabato 5 novembre 2011

Prossimo obiettivo l’Iran?

(fonti: Corriere della Sera e Il Giornale)

Se ne parla ormai da alcuni anni, ma adesso sembra proprio prossimo un attacco militare all’Iran. Infatti non è stata smentita una notizia apparsa su un quotidiano israeliano di un attacco, in inverno od a primavera prossimi contro Teheran. Notizia poi confermata da un ufficiale inglese, rimasto anonimo, al Guardian. L’attacco difatti non vedrebbe l’intervento solo degli israeliani, ma esiste un piano più complesso dell’operazione, studiato dal Pentagono. I governi inglesi e francesi avrebbero già garantito ad Obama la loro disponibilità ad offrire l’utilizzo di propri reparti militari speciali, sottomarini e missili Tomahawk. Martedì prossimo l’Agenzia Internazionale sull’energia atomica (AIEA) presenterà un rapporto in cui sarà dimostrato che l’Iran entro il 2014 sarà in possesso della sua prima arma nucleare. Ma l’Iran comunque è già oggi una minaccia militare per Israele e la regione, infatti Teheran dispone di centinaia di missili Shibab 3 e Shibab 3b che possono raggiungere obiettivi a 2.100 km di distanza contenendo fino a 1.150 chili di dinamite o sostanze chimiche. La politica della mano tesa voluta da Obama e delle sole sanzioni sembra non funzionare, Teheran continua i suoi programmi nucleari, con il rischio che una volta che l’Iran ottenga l’arma nucleare anche l’Arabia Saudita e l’Egitto spingano per ottenerla, in tal modo la regione diventerebbe ancora più calda. Israele quindi non si fida ed ecco che la settimana scorsa gli israeliani hanno testato presso la base di Palmahim, vicino a Tel Aviv un nuovo missile a lungo raggio, mentre sul cielo di Sardegna si sono addestrati simulando attacchi a distanza aerei israeliani con Eurofighters italiani, Tornado tedeschi e F-16 olandesi. Ovviamente la scelta di attaccare l’Iran non sarà facile e leggera. Israele sta difatti studiando una operazione militare che metta subito Tehran in ginocchio impedendole una risposta efficace, la paura israeliana è che avviato l’attacco, potrebbe essere a sua volta obiettivo di circa 100.000 missili che le potrebbero essere sparati dall’Iran, dagli Hezbollah dal Libano, da Hamas dai territori di Gaza e dalla Siria. Infine Israele non crede fino in fondo ad un appoggio USA a questa operazione, e senza un avvallo di Washington sarebbe più dura far digerire all’opinione pubblica internazionale tale intervento militare. Infatti, Il governo Netanyahu non è convinto che Obama autorizzi un'altra guerra in un anno di elezioni presidenziali; non a caso nei giorni scorsi l’amministrazione statunitense ha mandato in Israele Leon Panetta, il capo del Pentagono, per sapere le reali intenzioni israeliane. Forse, però, questa volta Israele potrebbe anche agire da sola. Ancora poca pace in Medio Oriente.
RDF

giovedì 3 novembre 2011

La Gran Bretagna punta alla felicità interna. A cura di Francesco Della Lunga

Ricordate il dibattito sulla felicità interna di cui anche Roberto, su RI ha parlato poco tempo fa? Pare che questo concetto abbia colpito la fantasia dei politici in un periodo in cui sono assai criticati ed in cui le vecchie politiche economiche e sociali hanno perso gran parte del loro fascino. Il Primo ministro britannico, David Cameron si starebbe convertendo al nuovo super indice sulla felicità interna di un paese perché effettivamente, in Gran Bretagna, avvolti dallo stereotipo della pioggia e della nebbia durante la stragrande maggioranza dell’anno (anche se questo elemento atmosferico pare, ahinoi, in disarmo …. pure lui!) si ha certamente bisogno di essere più solari e felici. A parte le battute, il governo starebbe seriamente lavorando su una lista di quesiti da porre ai cittadini britannici da cui desumerebbe non solo un indice da utilizzare in futuro come strumento di misurazione, appunto, dell’umore del paese, ma anche degli importanti suggerimenti per indirizzare al meglio le politiche economiche e sociali. Ma quali sarebbero queste famose domande? Ce lo racconta Repubblica, in un editoriale a firma di Enrico Franceschini, che presumibilmente verrà pubblicato nel numero di domani. Siete soddisfatti della vostra vita? Siete soddisfatti di vostra moglie (o di vostro marito)? Come giudicate la vostra salute fisica e mentale? Avete un lavoro e ne siete soddisfatti? Siete contenti di vivere nel vostro quartiere e avete paura del crimine? Siete soddisfatti del vostro salario? Avete ricevuto una buona istruzione? Vi fidate dei politici nazionali e locali? Queste sono le principali domande. Considerato il periodo è bene che queste domande non vengano fatte in Italia. Probabilmente le risposte sarebbero radicali. Nel nostro paese così assolato, la pioggia persiste in maniera particolare e non solo in inverno!
Francesco Della Lunga

mercoledì 2 novembre 2011

Quando i francesi non ridevano

A cura di Roberto Di Ferdinando

Il Patto di stabilità e crescita (PSC) è un accordo stipulato nel 1997 tra i paesi membri dell’UE, al fine di mantenere fermi i requisiti di adesione all'Unione Economica e Monetaria europea (Eurozona) ed entrato in vigore nel 1999. Il patto sancisce che gli Stati membri che, soddisfacendo tutti i cosiddetti parametri di Maastricht, hanno deciso di adottare l'euro, devono continuare a rispettare nel tempo quelli relativi al bilancio dello stato, ossia: un deficit pubblico non superiore al 3% del PIL e un debito pubblico al di sotto del 60% del PIL (o, comunque, un debito pubblico tendente al rientro). Il Patto prevede anche un sistema di richiami e sanzioni (avvertimento, raccomandazione e sanzione) per quei paesi membri e dell’eurozona, che non rispettano i suddetti parametri. Negli anni successivi molti paesi, tra cui anche i “primi della classe” Germania e Francia non hanno rispettato i parametri del Patto senza però essere mai sanzionati. Infatti, citando Mario Monti in un’ intervista di alcuni mesi fa a www.euractiv.it: “[…]quando la Commissione propose di conferire poteri più incisivi a Eurostat per vigilare sulla veridicità dei conti pubblici, la Francia e la Germania si opposero. Analogamente quando, nel 2003, questi due Paesi violarono il Patto di Stabilità e la Commissione propose di emettere gli avvertimenti del caso, così come era stato già fatto per Irlanda e Portogallo, il Consiglio Ecofin, sempre sotto la pressione di Francia e Germania e con l’aiuto dell’Italia, decise di non applicare il corretto enforcement delle regole”. In quel 2003, il voto dell’Italia, che in quella stagione nono era sotto controllo per i propri conti pubblici (deficit pubblico entro il 3% e debito pubblico in diminuzione, leggera, ma in diminuzione), fu fondamentale per far passare la linea politica dell’asse Parigi e Berlino ed evitare loro l’umiliazione della sanzione, sarebbe stata la prima volta che una sanzione avrebbe colpito le economie prime dell’UE. In quella stagione francesi e tedeschi, piangenti, ottennero aiuto, sicuramente non disinteressato, ma comunque un aiuto decisivo, degli “inaffidabili” italiani.
RDF