martedì 31 maggio 2011

Anche Malta dice sì al divorzio

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

Domenica scorsa Malta ha scelto, tramite referendum, di accogliere nella legislazione nazionale il divorzio. Favorevole al divorzio il 52,6% dei votanti (l’affluenza è stata del 71%). L’esito è stato incerto fino alla fine ed alla vigilia anche i sondaggi non avevano arrischiato previsioni. Il paese si è così letteralmente diviso, considerando anche il ruolo importante che la Chiesa cattolica esercita su queste isole del Mediterraneo, si pensi che il 95% della popolazione maltese si dichiara cattolica, ed i molti esponenti governativi che si sono schierati a favore del no (il ministro delle Finanze, Tonio Fenech, si era così rivolto ai votanti: “La Madonna è triste per il fatto che Malta sta pensando di introdurre il divorzio”). Quindi l’esito del referendum è stato sempre incerto. Ma poi con la vittoria del sì, Malta, il meno popoloso stato membro dell’UE, è entrato definitivamente in Europa, difatti era rimasto l’unico paese comunitario in cui il divorzio non era legale. Prima di Malta, le più recenti adesioni favorevoli al divorzio erano state quelle della devota Irlanda (1995) e del Cile (2004), invece gli ultimi Stati ad esserne contrari sono, ovviamente, lo Stato del Vaticano e le Filippine.
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lunedì 30 maggio 2011

Allende, suicidio od omicidio?

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

La settimana scorsa a Santiago del Cile è stata riesumata la salma dell’ex presidente cileno Salvador Allende, morto l’11 settembre 1973, il giorno del golpe militare. La riesumazione è stata decisa dal giudice cileno Mario Carroza che sta portando avanti le indagini sulle violenze e le violazioni dei diritti umani commessi dal regime Pinochet. Il giudice vuole fare chiarezza sulle ultime ore di Allende. Secondo la versione ufficiale, basata anche sulla testimonianza diretta del dottor Patricio Guijon, l’ultima persona a vedere in vita il presidente, Allende si suicidò pur di non cadere nelle mani dei militari. Dopo l’inizio del golpe, infatti, Allende si ritirò nel palazzo presidenziale della Moneda e chiese a tutti di abbandonare l’edificio. Guijon entrò per caso nella sala del presidente mentre Allende, con il mitra stretto tra le ginocchia, si sparò il colpo in viso. Guijon fu arrestato dal regime militare e rilasciato solo un anno più tardi. Ma molti non hanno mai creduto al suo racconto, c’è, infatti, chi sostiene che furono i militari golpisti ad assassinare Allende, od altri ancora raccontano che l’ex presidente avrebbe sì cercato di uccidersi, ma non riuscendoci avrebbe chiesto ad un suo collaboratore di sparare il colpo mortale. L’indagine adesso cercherà di fare chiarezza.
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mercoledì 25 maggio 2011

Cadillac One

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

Nella recente sua visita in Irlanda, il presidente Barack Obama e la Firts Lady, Michelle, sono stati involontariamente vittime di un curioso guasto che ha coinvolto il veicolo su cui stavano viaggiando. Infatti “the beat” (la bestia) così è chiamata la Cadillac su cui sempre viaggia il presidente USA nei suoi, anche brevi, tragitti via strada, lunedì, nell’uscire dall’ambasciata statunitense di Dublino, si è bloccata, poiché aveva urtato uno dei dossi posti a protezione della sede diplomatica. La coppia Obama è stata costretta così a cambiare rapidamente veicolo. Una non notizia, ma invece merita di essere citata per capire anche quanti e quali speciali veicoli abbia a disposizione il presidente USA. La Car One di Obama è una Cadillac limousine dal valore di 334 mila euro, i dati qui riportati sono tratti dal Corriere della Sera di martedì 24 maggio 2011. Il prezzo così alto è dovuto anche alle particolari caratteristiche di cui è dotata. Ad esempio, il telaio è stato rinforzato con una lastra d’acciaio di 12 cm sotto l’auto, per limitari i danni in caso di una mina posta sull’asfalto, la carrozzeria, invece, è composta di alluminio, titanio e ceramica per sventare esplosioni con armi da fuoco pesanti e dinamitarde. Le ruote sono rinforzate al kevlar, con bordi d’acciaio che permettono, a modo di cingolato, all’auto di proseguire tranquillamente anche con le quattro gomme fuori uso. Le portiere sono spesse 20 cm e l’autista è un uomo della CIA addestrato a manovre di guida estreme. Il serbatoio è corazzato e riempito con una schiuma speciale che previene le esplosioni. Nel portabagagli riserve di ossigeno ed un sistema anti-incendio. Gli interni non sono meno tecnologici e sicuri: il sedile posteriore dell’auto è dotato di un piano scrivania estraibile, computer con collegamento wi-fi, telefono satellitare e linea diretta con vice-presidente e Pentagono, il vano posteriore può ospitare comodamente 4 persone, un vetro separa i passeggeri dall’autista, però solo il presidente può manovrare il pulsante per abbassare questo vetro divisore, i finestrini posteriori sono più larghi dei precedenti veicoli presidenziali, inoltre un altro pulsante permette al presidente di chiedere aiuto in situazioni di pericolo.
Nei viaggi all’estero viaggiano sempre due Cadillac One identiche, da impiegare, quella di riserva, nei casi di emergenza, come quello verificatosi lunedì a Dublino.
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martedì 24 maggio 2011

Aumentano gli ecoprofughi

(fonte: TerraNews), a cura di Roberto Di Ferdinando

Legambiente durante la recente kermesse fiorentina di Terra Futura ha presentato un nuovo studio, “Profughi ambientali: cambiamento climatico e migrazioni forzate”, in cui si evidenzia come sia in aumento il fenomeno degli ecoprofughi. Nel 2010 in Pakistan si sono abbattute intense piogge che hanno causato la morte di oltre 2.000 persone, mentre 20 milioni di pakistani sono stati costretti ad abbandonare le proprie terre. Sempre nel 2010 in Cina le inondazioni e le frane hanno provocato 3 mila morti e 15 milioni di sfollati, ed ancora nel 2010 in Thailandia i nubifragi hanno causato oltre 100 decessi e 5 milioni di evacuati. 700 mila persone sono fuggite dalla Somalia per la siccità, mentre migliaia di brasiliani e boliviani sono stati sfollati a causa delle alluvioni. L’indagine di Legambiente parla di oltre 40 milioni di persone che hanno dovuto lasciare le proprie terre per eventi naturali estremi, una cifra doppia dei profughi provocati dalle guerre. I continenti principalmente colpiti, nell’ordine, sono l’Asia, l’Africa e l’America Latina. Inoltre dai dati raccolti dall’indagine si desume che due sono le categorie di persone colpite più di altre dagli eventi naturali tragici: le donne ed i poveri. Si legge sull’articolo di TerraNews che “nei paesi del sud del mondo l’80% circa della popolazione non è nelle condizioni materiali di reagire alle conseguenze dei fenomeni meteorologici estremi […] e non ha la possibilità di allontanarsi dalla propria terra da cui dipende la sopravvivenza dei nuclei familiari che costituiscono le unità di base della società”. Le donne inoltre, a causa dello svantaggio sociale in cui spesso soffrono rispetto agli uomini in parte del mondo, sono vittime di questi eventi naturali, con un rapporto di 3 a 1 rispetto agli uomini. Legambiente denuncia che tale fenomeno sia del tutto sottovalutato nelle agende dei summit internazionali.
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venerdì 20 maggio 2011

Tutti a lavoro

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

La Cancelliera Angela Merkel ha auspicato che oltre ad una moneta unica, l’euro, possa esserci presto anche una unica disciplina comunitaria riguardo le pensioni e le vacanze. Infatti dinanzi a diffuse e sostanziali crisi economiche e finanziare nell’eurozona, stonano, secondo il giudizio tedesco, le notevole differenze che esistono nei vari paesi membri UE in materia di età pensionabile e di giornate di lavoro. Per il governo tedesco sarebbe opportuno alzare l’età pensionabile per tutti i paesi UE a 67 anni, il limite su cui Berlino difatti sta legiferando, e non solo, i tedeschi non si capacitano come in alcuni paesi vi siano molte più giornate di ferie che in Germania. La Merkel ha voluto far notare ai propri collaboratori, senza affermarlo pubblicamente, come vi sia in Europa un Nord più produttivo e gran lavoratore ed un Sud , invece, più disinvolto e flessibile nella dedizione al lavoro e quindi meno produttivo. In Germania i lavoratori usufruiscono di 30 giorni di ferie, mentre i greci (la Grecia è in profonda crisi economica) possono contare su 37 giorni, gli spagnoli su 36 ed i portoghesi su 35 (altre due economie in grande difficoltà). Fin qui questi dati sembrerebbero dare ragione alla Merkel, ma poi guardiamo che in Italia (il Sud Europa) i lavoratori hanno 31 giorni di ferie, i finlandesi (Nord Europa) almeno 40 giorni, gli austriaci 38 e gli svedesi (profondo nord) 34, mentre gli ‘efficientissimi’ francesi 40 giorni, e quindi il Merkel-pensiero sulla produttività legata alle giornate di lavoro, viene meno. Forse per aumentare la competitività del Vecchio Continente dovremmo studiare altri aspetti, pensiamoci possibilmente fuori dagli orari di lavoro….
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martedì 17 maggio 2011

L’ora è fuggita….

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

Il 1° gennaio 2012 Samoa cambierà il proprio fuso orario. Lo ha deciso il governo del piccolo stato-arcipelago del Pacifico (nove isole e 162.000 abitanti). Oggi Samoa è l’ultimo luogo in cui si può osservare il tramonto del sole, infatti si trova ad est nella linea internazionale del cambio data (nel 1892 i samoani decisero di allinearsi all’orario USA per agevolare il commercio con le Americhe), cioè, nonostante abbia “vicine” geograficamente l’Australia e la Nuova Zelanda, da un punto di vista orario invece si trova a 21 ore di distanza dalla prima e a 23 dalla seconda. Questo rappresenta un problema se pensiamo che Samoa ha stretto con questi due paesi forti rapporti commerciali e turistici. Inoltre sono molti i samoani che sono emigrati in Australia ed in Nuova Zelanda. Il problema è, quindi, che quando a Samoa è venerdì in Australia e Nuova Zelanda è sabato, e per chi prende giorni di vacanza per visitare l’arcipelago o rientrare in patria, un giorno di ferie o di lavoro, in meno o in più, anche a queste latitudini, è prezioso. Il governo di Samoa, guidato da Tuilaepa Sailele Malielegaoi, ha quindi deciso di portare il paese avanti di 24 ore per riagganciarsi all’Asia, spostandosi così ad ovest della linea internazionale del cambio data, divenendo il primo luogo dove osservare l’alba.
Sarà una rivoluzione per i samoani, ma non la prima, infatti, lo stesso governo nel settembre 2009 decise di cambiare la guida da destra a sinistra per uniformarsi ai codici stradali dei paesi vicini e permettere ai samoani emigrati nei paesi ex colonie britanniche di inviare le loro macchine usate in patria. Anche allora polemiche e preoccupazioni accompagnarono la decisione. Il cambiamento è avvenuto senza alcun disagio. Sarà così anche per il cambio di fuso? I samoani non vedono l’ora….
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domenica 15 maggio 2011

Chiuso per crimine

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

Tra qualche settimana la Danimarca sospenderà il trattato di Schengen reintroducendo i controlli alle frontiere con la Svezia e la Germania. Si tratteranno di controlli non totali, ma a campione. Il governo danese, su indicazione del piccolo, ma fondamentale per la tenuta della maggioranza, Partito del Popolo (partito nazionalista) ha preso la decisione di limitare la libera circolazione fino ad oggi garantita, in seguito a gravi crimini commessi nelle ultime settimane, in Svezia, in particolare a Malmoe. Non è un errore, Copenaghen ha deciso di sospendere Schengen perché è aumentata la criminalità transfrontaliera. Copenaghen infatti dista solo venti minuti di macchina da Malmoe (un ponte collega le due città) e la Danimarca non desidera che i fatti criminosi svedesi possano, grazie alla libera circolazione, verificarsi anche a Copenaghen.
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sabato 14 maggio 2011

La radio nazionale etiope trasmette in inglese.

Abbiamo avuto questa segnalazione dal Portale Italradio che trovate fra i siti amici. La radio nazionale etiope trasmette i propri programmi anche in inglese, oltre che nelle lingue ufficiali, Amharic, Oromo e Tigrinya. Riportiamo l'articolo, per tutti gli amanti dell'Etiopia e della radio, ringraziando gli amici del Portale Italradio. Francesco Della Lunga

Ethiopia: State broadcaster goes live online
May 13th, 2011 - 11:31 UTC by Andy Sennitt.
Live audio and video streams are now available from state broadcaster Ethiopian Radio and Television Agency (ERTA) from a new bilingual Amharic/English website at www.ertagov.com, which diverts from the organization’s old erta.gov.et web address. The streams available are:

Ethiopian Television (ETV)
Radio Ethiopia National Service
Radio Ethiopia FM Addis 97.1.

The website also offers an on-demand video archive of ETV’s news bulletins in English and Amharic.

Radio Ethiopia National Service is on the air at 0300-2100 UTC daily, broadcasting on 93.2 MHz FM in Addis Ababa and on 594, 684, 828, 855.
873, 891, 972 kHz mediumwave and 5990, 7110 and 9705 kHz shortwave. Programming
is in Amharic, English, Oromo, Tigrinya and other official languages, with
the various language segments separated by the station’s xylophone-like
interval signal. An English programme is observed at 1200-1300 UTC daily, at the
end of which they announce that they will be on air in English again at
1600-1700 on 989 kHz mediumwave and 31 and 41 metres shortwave (presumably this
refers to the External Service on 9560 and 7165 kHz).

FM Addis 97.1 is on the air round the clock in the capital, with music and
information presented in local languages.

(Source: Dave Kernick, Interval Signals Online)

venerdì 13 maggio 2011

Potere dei libri

(fonte: Sette-Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

Stefano Jesurum, giornalista del Corriere della Sera ed esperto di questioni mediorientali, su Sette della scorsa settimana, evidenzia come i libri riescano dove la diplomazia e la politica non riescono a fare da molti decenni: far dialogare israeliani e palestinesi. Due sono infatti le notizie, le buone notizie. Gli scrittori Amos Oz, Eric Hosbawm, David Grosman e Ian McEwan, sono solo alcuni degli intellettuali, israeliani e non, che hanno sottoscritto un appello al governo di Tel Aviv perché rinnovi il visto a Munther Fahmi, storico libraio arabo di Gerusalemme Est. Infatti la recente normativa israeliana vieta il rinnovo dei permessi per accesso al territorio di Israele agli arabi in possesso di altri passaporti (Fahmi è cittadino statunitense).
Amos Oz, inoltre, ha fatto recapitare in carcere a Marwan Barghouti, ex leader di Al-Fatah e condannato all’ergastolo dalla giustizia israeliana per terrorismo, una copia con dedica del suo libro “Una storia di amore e di tenebra”, con il desiderio che Barghouti conosca quelle pagine in quanto la loro lettura ha aiutato molti arabi a capire Israele; “perché sono sicuro che un giorno o l’altro noi parleremo con lui. Per noi intendo lo Stato d’Israele”. Il libro di Oz è stato tradotto in arabo e diffuso nei territori palestinesi da un avvocato, arabo, di Gerusalemme, il cui figlio fu assassinato da un fanatico palestinese che lo aveva scambiato per un ebreo. Coraggio, i libri hanno un grande potere, quello di aiutare a capire e comprendere, sono tolleranti.
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mercoledì 11 maggio 2011

Macchine da guerra, ma ecologiche

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

Gli aerei F-22 dell’aviazione militare statunitense (USAF), sono delle macchine da guerra, in alcuni casi anche di morte, ma hanno un cuore verde, ecologico. Nei mesi scorsi sono stati effettuati su questi velivoli dei test che hanno dato risultati positivi: sono stati alimentati, per il 50%, da biocarburante, cioè questi aerei hanno volato alla velocità di 1,5 Mach ed ad una quota di 12 mila metri avendo nei serbatoi un derivato della camelina sativa, una pianta della famiglia delle brassicacce o crucifere (fanno parte di questa famiglia, ad esempio, anche la senape ed il cavolo). Questo carburante, di prima generazione, diminuisce del 75% le emissioni di anidride carbonica e viene prodotto non utilizzando terreni agricoli destinati alla coltivazione di alimenti per gli uomini o gli animali. L’USAF prevede che nel 2016 la metà dei propri velivoli volerà con biocarburanti e che nel 2025 saranno prodotti 4,5 miliardi di litri di questo propulsore di origine naturale. Intanto i test vanno avanti, anche la marina militare USA ha iniziato a verificare le prestazioni di questi carburanti naturali sui propri aerei, ed altri velivoli (Green Hornet e il Thunderbolt II) hanno dato risultati ottimi con la benzina “verde”. La motivazione a puntare sui biocarburanti, più che per una scelta ecologica, nasce, per le Forze Armate statunitensi, dal tutelarsi dinanzi ad un’eventuale carenza di approvvigionamenti energetici. Ed intanto gli F-22 USA, che possono volare con il carburante derivato dalla camelina sativa, fanno parte del contingente USA impiegato nei cieli della Libia.
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giovedì 5 maggio 2011

L'uccisione di Bin Laden. L'evento, le opinioni pubbliche occidentali, la Grande Potenza

La morte di Bin Laden contiene in se aspetti negativi e positivi, a seconda di molteplici punti di vista che possono essere presi come base per delle considerazioni. Ragione di Stato, cultura giuridica occidentale, modalità di intendere l’azione militare o la guerra, il ruolo dell’intelligence nel mondo dominato dal terrorismo, questi alcuni concetti su cui si potrebbe ragionare.
Se prendiamo la ragione di Stato, gli Stati Uniti e larga parte del mondo occidentale hanno avuto la loro vendetta. Un criminale, il più pericoloso degli ultimi decenni, da quando le guerre convenzionali hanno lasciato il passo a guerre di tipo asimmetriche, è stato finalmente giustiziato. Leggendo i giornali sono stati fatti anche alcuni accostamenti con leader politici o dittatori o criminali del passato. Se Bin Laden è stato definito ed accettato come il Male Contemporaneo, possiamo certamente accostarlo alla vicenda di Hitler, con pochissimi punti in comune però ed enormi differenze. Qualche punto in comune: la fine violenta di un uomo che ha seminato violenza, la scomparsa del corpo, la probabile mancanza (ma su questo pare che nelle prossime ore avremo delle novità) di filmati o foto che ne confermino la scomparsa, l’esigenza comunque di far scomparire il cadavere per evitare che le sue spoglie mortali costituiscano luoghi di pellegrinaggio. E’ vero che Hitler si suicidò nel bunker e diede ordine di bruciare il suo corpo, ma per lungo tempo si è anche sostenuto che i sovietici ne avevano trovato ed occultato i resti in luoghi segretissimi. Di fatto ad oggi nulla è stato trovato. Per tutto il resto, i due personaggi sono difficilmente accomunabili perché, soffermandoci solamente ad elementi superficiali, Al Quaeda non è uno Stato, non è un esercito regolare, non possiede armamenti avanzati (prova ne è l’uso di kamikaze per le azioni più eclatanti), non ha perseguito la sistematizzazione dello sterminio come il Nazismo, magari perché non ne ha avuto i mezzi (bisognerà studiare, se verranno trovate delle fonti certe, il fenomeno di Al Quaeda per poter azzardare degli accostamenti come questi), ma le condizioni, appunto, come il controllo di un territorio e di una legge e di un popolo non sono differenze da poco. Altri leader politici, soprattutto per rimanere alla storia del Novecento, hanno visto terminare la propria vicenda politica in maniera violenta. Da noi Mussolini, ucciso dai partigiani. In tempi più recenti, stessa sorte è capitata al rumeno Ceausescu, poco dopo la caduta del Muro. Infine, il più recente di tutti, la morte di Saddam Hussein, altro dittatore usato e odiato dall’Occidente, comunque deposto dopo l’intervento americano in Iraq, sempre nell’ambito della guerra globale al terrore. Difficile comunque dire chi fosse Bin Laden. Un fanatico guerrafondaio, un terrorista, l'uomo che il mondo islamico aspettava per riparare i torti subiti da secoli di ingerenze occidentali. La figura di Bin Laden potrebbe accostarsi un poco a quella di Che Guevara, immaginando che egli volesse esportare la Jihad mentre il secondo il comunismo nel mondo. Non sappiamo però se la Jihad si basa su un'ideale egualitario, e comunque si tratta di una guerra dettata da motivazioni religiose, mentre per il comunismo la questione religiosa non si poneva in questi termini. La lotta di Guevara, comunque la si voglia pensare, aveva realmente un anelito egualitario. Ci viene di fare un'azzardo solo per il fatto che i due personaggi si sono dedicati interamente alla loro causa, fino all'estrema conseguenza. La modalità della morte del Che è stata, per quello che se ne sa, molto diversa. Non è stata un'azione di intelligence così spettacolare ed organizzata, ma una situazione generata da non poche casualità (per quello che abbiamo potuto leggere. Ma anche in quel caso, in un mondo con una tecnologia “primitiva”, rispetto a quella odierna, c’è stato bisogno di un contatto fisico, una persona di raccordo, che abbia condotto al luogo dove il leader argentino si trovava. In quel caso la “spiata” venne attribuita allo scrittore francese Regis Debray, oggi ad un non meglio precisato Al Kuawaiti, di professione “corriere”.
Se prendiamo le ragioni della cultura occidentale invece, imperniata sul rifiuto dell’assassinio di Stato e sul rifiuto dell’esecuzione sommaria, a vantaggio della cattura e del processo, la morte di Bin Laden non può rappresentare un passo avanti. Anche in questo caso, la storia recente può aiutarci: non sappiamo se Hitler sarebbe stato giustiziato dai plotoni dell’armata rossa arrivata nei dintorni del bunker assediato, sappiamo invece cosa è accaduto a tutti gli altri gerarchi che, a vario titolo, furono catturati. Per loro fu aperto il più grande processo di tutti i tempi, quello di Norimberga, che ne decretò la loro condanna a morte. La pena di morte allora non era scomparsa dai paesi occidentali e non è mai scomparsa dagli Stati Uniti, principali vincitori del secondo conflitto mondiale. Però la condanna venne inflitta dopo un processo poderoso, dove, nonostante le difficoltà procedurali e di diritto, il mondo poté effettivamente verificare, con il contorno delle opinioni pubbliche, le atrocità commesse dai nazisti. Alla fine, anche l’esecuzione di Saddam Hussein, seppure con tribunali neppure paragonabili a quelli di Norimberga, è arrivata alla fine di un procedimento giuridico, seppure ritenuto dai più un processo farsa. In tempi più recenti, tribunali internazionali sono nati per giudicare coloro che si sono macchiati di gravissimi crimini contro l’umanità. Un tribunale, quello dell’Aja, è nato per giudicare i crimini di guerra avvenuti nella ex Jugoslavia. Il leader serbo Slobodan Milosevic, propugnatore della Grande Serbia, dopo molto tempo, è stato catturato ed accompagnato davanti a quel tribunale. La sua morte è avvenuta in circostanze misteriose, ma la giustizia avrebbe potuto trionfare, e senza la pena di morte. In Ruanda un tribunale internazionale con sede ad Arusha (Tanzania) sta giudicando i crimini avvenuti in quel paese nel 1994. Avremmo voluto insomma che anche a Bin Laden, in nome della primazia del diritto sulla forza, per lunga parte concetto vivo ed incarnato dalle varie amministrazioni americane che si sono succedute nella storia recente, fosse stato concesso un processo, anche se sommario e privo di garanzie come quelli avvenuti a carico dei detenuti di Guantanamo. Non ci risulta infatti per quei detenuti che vi sia una sia pur minima possibilità di difesa, o, meglio, che la loro difesa abbia una qualche possibilità di avvicinarsi tecnicamente al piano dell’accusa. Ma forse tutto questo avrebbe messo in piazza informazioni su un passato che non tutti desiderano rendere pubblico. Da molte parti si è infatti scritto del ruolo di Osama Bin Laden nella caduta dell’Armata Rossa in Afghanistan. Di questi misteri o di queste verità, ne sapremo qualcosa forse fra quarant’anni.
Ancora, se guardiamo l’accaduto dal punto di vista delle regole della guerra, l’uccisione del leader di Al Quaida è stato un innegabile successo. Gli USA hanno dimostrato di avere il predominio della tecnologia, con la quale è possibile, oggi, vincere le guerre asimmetriche ed eliminare, con la precisione chirurgica di un bisturi, i nemici, risparmiando le morti inutili degli innocenti civili. Washington ha dimostrato di avere un’intelligence insuperabile, di avere corpi militari addestrati per i compiti più duri e più difficili, ha ancora dimostrato la forza della Grande Potenza compiendo azioni coperte dove non può esserci garanzia di vita per chi ne è l’obiettivo, il target. Eppure la sensazione che si poteva catturare il più grande terrorista degli ultimi venti anni rimane. E con essa la convinzione che gli USA avrebbero guadagnato moltissimo in termini di autorevolezza morale, quell’autorevolezza che è purtroppo mancata assai spesso nelle ultime vicende internazionali.
Sul ruolo dell’Intelligence abbiamo poche osservazioni. I propugnatori dell’azione di forza potranno sostenere, ed a ragione, che l’intelligence ha avuto il suo ruolo fondamentale in azioni di questo tipo e gli USA hanno vinto la loro sfida. La tecnologia è fondamentale, è quasi incredibile pensare che ormai, con i satelliti ed aerei spia, droni e quant’altro, non è più possibile passare inosservati. Anche se poi, il ruolo umano diventa sempre determinante, nel bene e nel male. Alla fine, solo le soffiate o le scoperte dei fiancheggiatori aiutano ad assestare il colpo definitivo. Chi ama il genere, può leggere l’ultimo libro di Frederick Forsyth, un maestro del genere, con il suo “Il cobra”.
Ci pare infine che anche le opinioni pubbliche, di fronte a fatti di questo tipo, si siano trasformate, un po’ anche a causa dei media che rendono disponibili le notizie, accompagnandole con il solito linguaggio sensazionalistico e definitivo. Sembra che le opinioni pubbliche occidentali, lontane da far prevalere la ragione ed il pensiero, il raccoglimento o la compassione, si siano abbandonate tutte quante al tifo. E forse questo avviene anche inconsapevolmente perché in cuor loro, queste persone, ritengono, probabilmente di non fare nulla di sbagliato. Manifestano emozioni, tutto qua. E’ proprio questo il punto. Manifestare emozioni senza la mediazione della ragione. E’ anche la spettacolarizzazione e la voglia di omologarsi al comportamento prevalente. L’idea di essere inquadrati da telecamere e di poter apparire, in qualche modo, in un reportage giornalistico. Insomma, è stata un po’ sorprendente la reazione della popolazione americana dopo la notizia della morte di Bin Laden. Sul fatto che non sia stata spontanea non si nutrono dubbi. Che però sia stata indotta dalla grande stampa e dai partiti politici ci pare un pensiero legittimo. Forse Obama oggi può legittimamente pensare di essere rieletto, dopo due anni difficili. Ma da questa parte dell’Oceano ci saremmo aspettati una maggiore compostezza, anche in rispetto di tutti quelli che sono morti sotto gli aerei schiantatisi sulle torri gemelle. Ma forse siamo troppo lontani per capire l’America. Ed anche troppo diversi.
Per chiudere, riteniamo che gli USA avrebbero avuto qualcosa in più da guadagnare in un processo pubblico piuttosto che con la morte violenta di un nemico. Non sapremo mai la verità, ovvero in che modo si sono svolte le operazioni militari durante l’azione. Ma la sensazione che Osama poteva essere catturato rimarrà a lungo. In ogni caso, l’autorevolezza degli USA come ultima potenza ancora paladina del diritto, della libertà e dell’uguaglianza ne avrebbe giovato assai. Sempre che qualcuno abbia ancora il candore di crederci ancora.
Francesco Della Lunga

martedì 3 maggio 2011

L’omicidio è sempre una violenza contro l’uomo e la vita. Non esiste una violenza giusta.

Lunedì 2 maggio arriva in Italia la notizia che Bin Laden, leader dei talebani e persona ritenuta responsabile dell’attentato alle torri gemelle dell’11 settembre 2001 è stato ucciso.
L’uccisione è avvenuta a seguito di una irruzione dei reparti speciali americani Navye Seals .
Riporto a seguito alcuni commenti di esponenti politici:
Berlusconi: "Un grande risultato nella lotta contro il male". Bersani: "Congratulazioni agli Usa"
George W. Bush: "Una vittoria per gli Usa". Cameron: "Grande passo nella lotta al terrore"
Obama: "Senza Bin Laden un mondo migliore""E' un grande giorno per l'America", ha aggiunto.
Prodi: "E' la fine di un incubo"
Questi sono solo alcuni dei commenti che ho letto in internet e sentito alla radio: felicitazioni.
Comprendo che Bin Laden fosse ormai diventato simbolo di tutto un “lato oscuro” di attentati e aggressioni verificatisi nel mondo- anche se mi ritrovo sempre a vivere una grande perplessità quando ad un unico uomo vengono attribuiti così grandi poteri rispetto a giochi politici più ampi- in molti avevano trovato opportuno identificare Bin Laden con il “male”, ma non riesco a comprendere come da tanta indignazione per i crimini a lui attribuiti non possa nascere una indignazione di pari intensità per l’uccisone – non la cattura- di un essere umano. Provo dolore nel leggere i commenti di personaggi politici così pronti a puntare il dito per le malvagità attribuite a Bin Laden perché trovo altrettanto malvagio rallegrarsi per una qualsiasi uccisione. Come è possibile? Siamo così identificati con il ruolo di “vittime aggredite” tanto da pensare che una vendetta che prevede un crimine di pari grado – la soppressione di una vita umana- sia qualcosa di cui rallegrarsi? Siamo così anestetizzati alla violenza tanto da restare fermi in un mero giudizio di “giusto o sbagliato”? Se condanniamo l’uccisione, e di questo è stato accusato Bin Laden, come possiamo non provare dolore per un’altra uccisione? Come possiamo pensare che ci si possa riscattare come genere umano se nel 2011 ancora sembra valere la legge del taglione, e da questo si giustifica , anzi si elogia la pena capitale? Avrei voluto sentire commenti umani, da persone umane che hanno rispetto della vita e che per questo possono pensare che sia giusto fare un processo regolare ad una persona che tale rispetto non lo ha avuto , e non sentire i rallegramenti ipocriti di chi è felice che “il male “ sia toccato proprio “al male stesso”, per opera del “bene” ( che però a questo punto si è trasformato in male compiendo un omicidio).
Credo che questo accada ogni volta che perdiamo di vista il principio morale di umanità e condanniamo le persone , non i fatti; così se la persona non ci piace è “giusto” che gli si faccia del male…..Vorrei con questo mio commento ricordare a me stessa a chi legge che uccidere è un atto di violenza ,di non rispetto per l’uomo e la vita, ed è sempre così, sia che la persona abbia compiuto a sua volta delle azioni violente oppure no. Vorrei ricordarmi e ricordare che se abbiamo qualcosa di valore in noi stessi è proprio il rispetto per noi e per gli altri, e quindi non possiamo rallegraci per la morte di qualcuno, chiunque esso sia , a maggior ragione quando questo avviene tramite una azione violenta.
Bin Laden è morto, è stato ucciso in una azione violenta, questa è la notizia………i rallegramenti sono invece il frutto di una anestesia al dolore e alla violenza in cui ci stanno lentamente spingendo, facendo leva su un finto vittimismo e sull’antica storia del “bene che combatte il male”. Io ho dolore che ci si rallegri di qualunque omicidio.
Massimiliana Molinari

lunedì 2 maggio 2011

Quanto costa il nostro intervento in Libia

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

Le divergenze all’interno del governo italiano sulla nostra missione militare in Libia non sono solo politiche, hanno anche una natura economica. Infatti, il Ministro delle Finanze, Giulio Tremonti, ha affermato che al momento l’intervento in Libia non ha una copertura finanziaria con fondi straordinari, ma si basa sul bilancio annuale della Difesa che potrà però garantire il finanziamento della missione per poche settimane. Infatti aerei, missili e logistica costano, e parecchio. Un caccia Eurofighter, uno dei modelli di aerei impiegati in Libia, costa 63 milioni di euro e per farlo volare una sola ora lo Stato italiano paga 60 mila euro. Il caccia è dotato di missili Maverick, uno solo di questi missili ha il valore di mercato di 200 mila euro; quindi colpire un semplice mezzo militare libico significherebbe bruciare, tra l’altro, 300 mila euro in pochi secondi. Gli altri aerei impiegati in Libia sono il Tornado (32 mila euro un’ora di volo), gli Harier della Marina e gli F16, che montano missili Harm (valore di 200 mila euro l’uno), Alarm (136 mila euro l’uno), Storm Shadow (170 mila euro). Le bombe intelligenti a guida laser e Gps, invece, valgono dai 30 ai 50 mila euro l’uno. Fino ad oggi i nostri aerei si solo limitati al controllo dello spazio aereo libico, senza impiegare i missili di cui sono dotati. Le 200 sortite degli Eurofighter, le 150 dei Tornado e le 50 degli F16 (in totale 1.400 ore di volo) hanno determinato la spesa di 56 milioni di euro. A questi si aggiunga il costo delle navi della marina italiana presenti nel canale di Sicilia, ogni giorno “consumano” 300 mila euro di soldi pubblici, ad oggi siamo arrivati a 10 milioni di euro. La guerra, tra i tanti svantaggi che comporta, ha anche quello che è costosa.
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domenica 1 maggio 2011

Arraffa-terra

(fonte: Corriere della Sera), a cura di Roberto Di Ferdinando

Si chiama landgrabbing (arraffa-terra) la nuova minaccia per l’Africa. Con questo termine si indica il recente fenomeno di acquisto di terre coltivabili in Africa da parte dei paesi emergenti asiatici. Fino a qui niente di scandaloso e nuovo, ma a preoccupare le istituzioni internazionali sono invece le modalità e le conseguenze con cui questo metodo si applica e provoca. Cina, Corea del Sud, India ed Arabia Saudita, le più attive in questo nuovo “colonialismo”, negli ultimi anni hanno fatto incetta di territori coltivabili e fertili in Africa sub saharia, per produrre cibo (il 37% dei terreni) e agrocarburanti (35% dei terreni) per i propri mercati interni in quanto le loro coltivazioni e risorse energetiche non riescono a soddisfare la sempre più crescente domanda interna. Il problema è che questi acquisti si basano su vere e proprie speculazioni, infatti i terreni sono acquisiti a valori sottostimati, grazie alla complicità dei governi africani corrotti, inoltre le popolazioni locali sono estromesse da questi terreni e costrette a rifugiarsi nelle sempre più povere periferie della grandi città del continente nero, infine l’arrivo di questi “investitori” stranieri non garantisce neanche una ricaduta positiva per l’economia locale, difatti gli stranieri utilizzano mano d’opera e strumenti provenienti dai proprio paesi.
Secondo la Fao i paesi che fino ad oggi hanno subito il landgrabbing sono, principalmente, l’Etiopia, Ghana, Madascar, Mali, Tanzania, Zambia e Congo (qui la Cina ha acquistato 2.800.000 ettari), si stimano 389 acquisizioni di larga scala in 80 paesi, e dal 2007 al 2009 almeno 20 milioni di ettari coltivabili sono stati venduti dai governi africani a privati stranieri.
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